LA CHITARRA DI ROBBY KRIEGER IN “RIDERS ON THE STORM” DEI DOORS
Ultimo dei brani
registrati dai Doors per il loro sesto LP “L.A. Woman” (pubblicato nell’aprile
1971), “Riders On The Storm” rappresenta anche la fine del viaggio artistico
intrapreso dalla band al completo.
L’impietosa falce
della morte si approprierà infatti della vita di Jim Morrison, cantante del
gruppo, solamente tre mesi dopo l’uscita del disco.
Il lungo brano
che chiude l’album è ricco di spunti interessanti, già parzialmente passati in
rassegna in questo blog: l’uso della pioggia nel brano (qui il link
all’articolo), il magnetico dialogo tra basso elettrico e batteria (qui il link all’articolo) e l’affascinante assolo al pianoforte elettrico di Ray
Manzarek (qui il link all’articolo).
Nonostante
“Riders On The Storm” sia un compiuto esempio di collaborazione tra tutti i
membri del quartetto californiano, la chitarra elettrica di Robby Krieger
rimane lo strumento meno evidente lungo lo scorrere della traccia.
Il ruolo
essenzialmente ritmico affidato alla Gibson SG del chitarrista, si pone al
servizio di un clima musicale complessivamente contraddistinto da toni foschi e
misteriosi, il quale rimane tutt’ora tra i più apprezzati e celebri all’interno
della discografia dei Doors.
La canzone deriva
la propria ispirazione iniziale da un pezzo Western (un sotto-genere del
Country) del 1948 (“Ghost Riders In The Sky” di Stan Jones, qui il link al pezzo), sul quale la band stava suonando e improvvisando liberamente.
Rielaborando in
chiave rock il feeling generale di questo brano e utilizzandone alcune armonie
per costruire qualcosa di completamente diverso, il gruppo si dimostra capace
di concepire una composizione originale ed emblematica del passaggio culturale tra
anni ’60 e ’70 negli Stati Uniti.
Altre formazioni
prima dei Doors avevano avvicinato le marcate cadenze western in composizioni pop-rock
e rock nel corso degli anni ‘60: dei The Beatles con “Things We Said Today”
(1964) ai Quicksilver Messenger Service con la breve cover di “Happy Trails”
(1969).
Partendo da una
suggestione sonora decisamente lontana dai loro riferimenti usuali in termini
di generi musicali, i Doors uniscono qui fantasia e duttilità artistica nel
produrre una visione dai toni ipnotici e cupi, la quale ancora oggi, dopo
cinquantaquattro anni, risulta notevolmente suggestiva e significativa.
L’elemento che
più ricorda “Ghost Riders In The Sky” all’interno dell’arrangiamento di “Riders
On The Storm” è dato dalla chitarra di Krieger.
Essa entra al min.
0.47, facendo eco alla voce di Morrison con alcuni fraseggi che molto conservano
del pezzo Western dal quale il processo creativo di gruppo era iniziato.
Questi brevi interventi
fluttuano su note rese frammentate ed eteree dal pedale tremolo, una distorsione
che qui aggiunge un profilo di oscura tensione al tema da colonna sonora di
film western suonato con quattro consecutive variazioni da Krieger (ascolto dal
min. 0.47 al min. 1.03).
Subito dopo, la
chitarra abbandona l’effetto tremolo per assumere, con estroversa costanza, il
compito si sostenere l’andamento del brano da una posizione relativamente
defilata.
Sia gli
oscillanti movimenti ritmici descritti da Krieger all’unisono con il pianoforte
elettrico di Manzarek, sia il raffinato accompagnamento che si snoda con gusto
sotto l’assolo del tastierista, assorbono la quasi totalità della parte di
chitarra nello sviluppo della canzone.
A fare eccezione
è il breve assolo (ascolto dal min. 1.42 al min. 2.08) dove le sei corde di
Krieger, nuovamente sottoposte ai densi riverberi della distorsione tremolo, riprendono
il tema western già presentatosi all’ascoltatore al min. 0.47.
Diluendo in
maniera lodevole le partiture di Ennio Morricone nei film della “Trilogia Del Dollaro”
con sbiaditi e flebili ricordi psichedelici, il chitarrista dei Doors accantona
qui le velleità tecniche per privilegiare l’impatto emozionale e d’atmosfera.
Dal min. 5.30 la
traccia scivola verso il termine attraversando una estesa ed evanescente coda
di quasi due minuti, alla quale la chitarra contribuisce avvalendosi, per la
terza volta, del pedale tremolo.
Sebbene le sue sfumate
vibrazioni siano in questo caso meno intense, esse conferiscono comunque una
consistenza allo stesso tempo suadente ed allusiva alla sinuosa linea
chitarristica che penetra la sezione conclusiva della canzone.
Questa chiusura, una
sorta di assolo tra le righe condiviso con il pianoforte elettrico, è circondata
dal minaccioso rumore dei tuoni e dalla voce di Morrison, liberando note morbidamente
inarcate da bending, vibrati e glissando, in una espressività chitarristica evocativa
e sfuggente.
La parte di
chitarra di Krieger è coronata, a partire dal min. 6.20, da una serie di tenui accordi
enigmatici e sognanti, i quali ondeggiano sommessamente fino a dissolversi sotto
la cortina di pioggia che si abbatte sugli ultimi secondi della traccia.
Il mio libro “The Doors Attraverso Strange Days” è disponibile su tutte le principali piattaforme. Il più completo viaggio mai fatto attraverso il secondo LP dei Doors. Di seguito qualche link:
Commenti
Posta un commento