THE DOORS – IL BOOTLEG ALL’AVALON BALLROOM NELLA PRIMAVERA 1967

 

Nel 1967, i Doors compaiono in numerose performance dal vivo sia in California che sulla costa est degli Stati Uniti, superando i 150 concerti.

In questo periodo la band suona spesso a San Francisco e, in particolare, all’Avalon Ballroom: il 3 e 4 marzo, il 14 e 15 aprile, il 12 e 13 maggio e il 3 e 4 giugno.

In una di queste quattro occasioni viene registrato un breve bootleg di circa 12 minuti (qui il link), durante i quali sono snocciolate tre canzoni (il loro ordine cronologico è incerto).

La prima è “Moonlight Drive”, una stupenda canzone scritta dal cantante dei Doors stessi, Jim Morrison, la quale sarà poi inserita nel loro secondo album (“Strange Days”, del settembre 1967).

La seconda è “Back Door Man”, tratta dal primo LP (“The Doors”, gennaio 1967).

La terza è invece “Who Do You Love”, una cover del brano di Bo Diddley originariamente pubblicato nel 1956.

Quello all’Avalon Ballroom è uno dei migliori bootleg del gruppo californiano dal punto di vista della qualità audio.

Iniziamo da “Back Door Man”, dove Morrison suona sporadicamente l’armonica, accennando anche un paio di fuggevoli assoli. Si tratta di una rarità per quanto riguarda il frontman, il quale di lì a poche settimane cesserà completamente di suonare questo strumento dal vivo.

Il brano, sensibilmente allungato rispetto alla versione del vinile, trova il suo momento migliore nel canto di Morrison, aggressivo e sfrontato senza per questo perdere di incisività ed espressività.

Alcuni fugaci versi improvvisati dal cantante arricchiscono la sua performance vocale, completandone il già vivido fascino.

Anche il breve, ma fantasioso assolo all’organo elettrico di Ray Manzarek, assolo che è assente nella traccia dell’LP, va citato tra i momenti salienti di questa registrazione.

Nella sua concezione dinamica come nelle incalzanti figure musicali improvvisate che la attraversano, questa parte solistica si ispira con successo al jazz soul e al jazz hard bop.

In “Who Do You Love” la voce di Morrison è potente, ruvida e profonda allo stesso tempo. Essa colpisce l’ascoltatore con il suo fascino oltraggioso e si combina perfettamente con la parte strumentale del brano.

L’arrangiamento presenta in primo piano la batteria di John Densmore e l’organo elettrico di Manzarek, i quali dirigono l’atmosfera sonora del pezzo in un alternarsi di tambureggiante tensione e pervasive esplosioni elettriche.

Questa è per altro la versione del pezzo di Bo Diddley che rimarrà nella scaletta dei concerti dei Doors per buona parte della loro carriera.

L’ultimo brano di questo bootleg è “Moonlight Drive”, nel quale Morrison è accompagnato alla voce da Manzarek per quasi tutta la sua durata.

Gli scambi vocali tra i due, ora impetuosamente coinvolgenti ora vivacemente disinvolti, contribuiscono ad innalzare ulteriormente l’irresistibile eccitazione creativa che permea la canzone.

A distinguersi è inoltre la scintillante interazione tra l’organo elettrico di Manzarek e la chitarra elettrica di Krieger. Quest’ultima è suonata con la tecnica slide dal chitarrista, denotando una creatività notevole nel percorso sinuosamente irrequieto ideato lungo tutta la canzone.

I sette minuti lungo i quali si sviluppa questa resa di “Moonlight Drive” sono più del doppio rispetto al tempo occupato sull’LP “Strange Days”, album nel quale pochi mesi dopo la canzone verrà inclusa a chiusura del lato A.

La protratta coda di questa composizione testimonia la trascinante spontaneità e la dirompente passione di una band che si apprestava, di lì a pochi mesi, a conquistare la notorietà.

Sospinto da un immenso talento e da un intenso entusiasmo per ciò che stava creando, il quartetto mette qui pienamente in luce la trasgressiva forza d’urto che ne segnerà la storia.


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