THE DOORS “BACK DOOR MAN”: ORIGINE E SVILUPPO
Una delle
canzoni maggiormente rappresentative dei Doors è sicuramente “Back Door Man”,
registrata nell’agosto 1966 per il loro primo LP (“The Doors”, gennaio 1967).
In quel
momento, il brano faceva già parte del loro repertorio dal vivo, essendovi stato
inserito fin dagli esordi (probabilmente all’inizio del 1966).
Da allora
esso sarà riproposto dal gruppo quasi in ogni apparizione live fino alla fine
della carriera concertistica nel 1970.
In questo
dell’articolo vedremo come “Back Door Man” ha avuto origine e si è sviluppato,
fino ad arrivare nello studio di registrazione dei Doors per mettere in luce alcune
particolarità musicali che lo riguardano.
Questa composizione di genere Blues è stata scritta da
Willie Dixon nel 1960. Egli la registrerà però solamente nel 1970, a 55 anni,
nel suo album “I Am The Blues” con ottimi musicisti ad accompagnarlo (qui il link).
La prima versione di “Back Door Man” è invece quella
pubblicata nel 1961 a nome di Howlin’ Wolf, un grande artista che fin dai primi
anni ’50 del ‘900 divideva il suo stile ruvido e deciso tra Blues e Rhythm and
Blues (qui il link).
Nel caso di
questa canzone la sua voce possente e abrasiva, a metà tra il parlato e il
cantato, sovrasta il ritmo insistente, ripetuto senza variazioni dalla batteria
con suono secco e asciutto.
L’arrangiamento
che caratterizza questo blues è essenziale (chitarra elettrica quasi per nulla
distorta, basso elettrico e batteria).
All’interno
della austera strumentazione, notiamo una sola concessione ad un ornamento
sonoro che, per altro, è confinato sullo sfondo: le rapide e fantasiose figure
eseguite di tanto in tanto dal pianoforte di Otis Spann.
Nell’insieme,
la canzone di Howlin’ Wolf è quindi abbastanza distante, sia musicalmente che
ritmicamente, da quella che cinque anni dopo verrà inserita tra le tracce del
disco di esordio dei Doors.
Essi non
trarranno infatti la propria ispirazione dal pezzo di questo musicista
originario del Mississippi, bensì dall’elaborazione successiva di “Back Door
Man” realizzata da John Hammond Jr.
Qui ci spostiamo di qualche anno in avanti, fino al 1964, quando Hammond Jr. pubblica la sua cover del brano nel proprio album “Big City Blues” (qui il link).
In questa
versione di “Back Door Man”, l’atmosfera sonora e la voce divengono più sensuali
e suadenti rispetto all’attacco vocale quasi rabbioso di Howlin’ Wolf e alla
sua interpretazione strumentale priva di compromessi con la melodia.
Tra
fraseggi di chitarra sussurrati, un assolo di armonica e l’accompagnamento
delle maracas, l’adattamento di Hammond Jr. risulta meno ispirato e spontaneo dell’originale.
Malgrado
questo limite, è Hammond Jr. a introdurre, sebbene solamente in maniera
accennata, il ritmo pulsante tenuto dalla chitarra elettrica e dal basso
elettrico, ritmo che verrà raccolto e messo magnificamente in risalto dai
Doors.
Inoltre, è
questa la versione di “Back Door Man” nella quale la parte vocale transita dallo
stile duro, fortemente espressivo e senza orpelli melodici di Howlin’ Wolf a
quello più ammiccante e morbido di Hammond Jr.
Quest’ultimo
artista ha quindi il merito di concepire i due elementi principali
nell’evoluzione di “Back Door Man”: la modalità di canto e l’andamento
palpitante del ritmo. Essi contraddistingueranno, di lì a due anni e con le
dovute modifiche, la traccia registrata dai Doors.
Poco dopo
avere iniziato a suonare dal vivo con la formazione definitiva (novembre 1965),
Morrison, Manzarek, Krieger e Densmore ascolteranno il brano di Hammond Jr.
tramite un vinile trovato in casa dei genitori del chitarrista Robby Krieger
(secondo quanto riferito in una intervista).
Pochi mesi
dopo (agosto 1966) la incidono, come detto precedentemente, per il loro esordio
discografico, posizionandola come apertura del lato B dell’album “The Doors”.
I Doors registrano
“Back Door Man” superando in termini qualitativi tutti i tentativi
precedentemente fatti. Essi mantengono la traccia nell’ambito del Blues, pur
facendo risaltare al suo interno diversi elementi innovativi.
L’incisività
della sezione ritmica è garantita dal basso elettrico del session man Larry
Knetchel, suonato all'unisono con la grancassa e con l'ispirato lavoro chitarristico
di Krieger.
Il tema
musicale reiterato dalla chitarra durante tutto l'arrangiamento merita una
menzione speciale per la doppia nota allungata che conferisce alla canzone una
sfumatura provocatoria e fortemente distintiva (al min. 0.05, 0.29, 0.51 e così
via).
Il ritmo
penetrante e cupo del brano è reso ancora più efficace dall’uso del pianoforte.
Infatti, Manzarek suona quest'ultimo strumento in modo percussivo, con accordi
continui e martellanti, al fine di enfatizzare l'aria sfrontata che i Doors
volevano dare alla canzone.
Il tutto è
avvolto dal suono allungato, acuto e fluido dell’organo elettrico, anch’esso
suonato da Manzarek. Forse è proprio questa tastiera che contraddistingue
maggiormente il profilo musicale complessivo di “Back Door Man” nella resa che
ne fanno i Doors su vinile.
Il teso equilibrio
tra l’assertività della sezione ritmica da un lato e, dall’altro, la forte
carica sensuale generata dalla voce di Morrison e dall’organo elettrico, può
essere definita quasi perfetta.
In termini
di idee, l'assolo di chitarra elettrica sovrainciso da Krieger non è
annoverabile tra i suoi migliori. Attraverso l'uso ripetuto della tecnica del
banding, il chitarrista riesce comunque a combinare con successo l'impatto
emozionale del blues con una dinamica attitudine rock.
A
completare il quadro appena fatto, è naturalmente la inconfondibile e magnetica
voce di Jim Morrison. Essa, pur rispettando la natura Blues del pezzo, gli
infonde un nuovo spirito al contempo trasgressivo e rivoluzionario.
La
performance vocale si colloca al suggestivo ed entusiasmante punto di incontro
tra rabbia, arroganza, seduzione e passione carnale. Impossibile immaginare
qualcosa di più appropriato e coinvolgente per questa canzone e per il suo
testo.
I Doors
non sapevano però che tra la versione di Hammond Jr. (1964) e la loro (agosto
1966), altri due gruppi avevano tentato di riproporre questa traccia, in
entrambi i casi con risultati interessanti e di buona qualità.
In primo
luogo, citiamo gli australiani Pink Finks. Formatisi nel 1965, proprio durante
quell’anno pubblicano un singolo che ha per lato A “Back Door Man”.
La loro
interpretazione di questa canzone si ispira, come approccio, all’originale di
Howlin’ Wolf, pur mantenendo l’armonica e le maracas usate da Hammond Jr. nel
1964.
Pur
affrancandosi in parte dal Blues per avvicinarsi al Rhythm and Blues, la loro
resa di questo pezzo non è affatto male e, essendo stata realizzata un anno
prima di quella dei Doors, conferma la popolarità di questo pezzo tra i
musicisti di metà anni ‘60.
In secondo
luogo, sono gli americani Blues Project ad anticipare ancora una volta i Doors,
sebbene di pochi mesi, nel proporre “Back Door Man” (qui il link).
Il loro
primo LP è registrato dal vivo al Caffè Au Go Go di New York ed esce nel marzo
1966. Qui troviamo una versione velocizzata del blues di Howling Wolf, suonata
ottimamente dal punto di vista tecnico grazie alle notevoli capacità
strumentali del gruppo.
Trasposta
sotto forma di Rhythm and Blues, la canzone spicca soprattutto, ma non solo,
per il ritmo incalzante ed estremamente coinvolgente creato dalla ben
congegnata sinergia tra batteria e dal basso elettrico.
Finisce
qui il viaggio in questo brano Blues. Esso ha trovato la sua forma più
completa, convincente ed avvincente nella versione dei Doors, tanto da essere
ancora oggi indissolubilmente associato al quartetto californiano.
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