“WHISKEY MYSTICS AND MEN” DEI DOORS: UNA PREZIOSA OUTTAKE DAL 1969
La fascinazione
provata da Jim Morrison per la poesia, presente fin dal 1965 nella musica
registrata dai Doors, crebbe ulteriormente a partire dall’autunno del 1968.
In questo
periodo, infatti, alcuni dissapori di natura artistica con il resto del gruppo
spinsero il frontman a dedicare una porzione maggiore delle proprie energie ai
versi rispetto alla ideazione di brani musicali.
Conseguentemente,
il 9 febbraio 1969 Morrison registrò una serie di intensi poemi da lui
precedentemente scritti e destinati ad eventuali progetti futuri ancora da
definire.
Sul nastro che ne
risultò compare anche un canto ritmato, la cui forma poetica in rima baciata fluisce
sul segmento alto dell’estensione vocale consentita al cantante.
Si tratta di
“Whiskey, Mystics And Men” (qui il link), nella quale l’inflessione
oscillante tratteggiata dalla sola voce di Morrison trasporta una espressività
tenue, scorrevole e lievemente nostalgica.
I due minuti
scarsi di questa emozionante interpretazione sono guidati da un testo non del
tutto immediato, nel quale si riconoscono però tematiche quali la necessità di
recuperare un approccio più autentico e naturale alla realtà, in opposizione
alle manipolazioni escogitate dalla razionalità e dalla modernità.
Inoltre, l’ultimo
verso esorta chiaramente l’ascoltatore ad impegnarsi allo scopo di scoprire una
risposta nuova alle domande poste dalla vita, sottolineando l’importanza della
sfera interiore come contraltare rispetto al consumismo già allora imperante: “We
must try to find a new answer insted of a way”.
Come accadeva
spesso, anche nel caso di questo breve poema la linea vocale tracciata dal
cantante si intreccia ad una melodia musicalmente avvincente, prefigurando in
controluce le potenzialità di una vera e propria canzone.
In quel momento,
i Doors erano intenti a delineare la tracklist dell’LP che sarebbe dovuto
uscire nei mesi successivi (“The Soft Parade”, pubblicato dopo estenuanti
session di registrazione nel luglio ‘69).
Tra le possibili
tracce, anche “Whiskey, Mystics And Men” venne quindi
presa in considerazione.
A partire dalla
poesia intonata da Morrison vennero elaborati, in quella fine d’inverno del
1969, due diversi arrangiamenti.
Una volta incise,
entrambe le versioni si riveleranno ampiamente degne di essere incluse nell’LP.
Tuttavia, esse rimasero colpevolmente inutilizzate, divenendo così preziose outtake
per i posteri.
Una delle due registrazioni
(qui il link) risente delle novità sonore (fiati e altri strumenti
inusuali) escogitate per gli arrangiamenti di numerose canzoni contenute in
“The Soft Parade”.
In questo caso,
sono il mandolino di Jesse McReynolds (presente anche in “Runnin’ Blue”) e la
“jug” (giara in italiano) ad accompagnare Robby Krieger alla chitarra acustica
(suonata con la tecnica slide), Ray Manzarek alle tastiere, John Densmore alla
batteria e Jim Morrison alla voce.
Qui, il ritmo originario
dei versi è rallentato, portando il brano sul terreno profondamente suggestivo
di un canto folkloristico marinaresco di lavoro (detto “Sea Shanty”) che
avremmo potuto udire nell’800 su un veliero durante faticose manovre o in una
taverna frequentata da marinai.
La cadenza ondeggiante
del pezzo è segnata da tre distinti elementi.
In primo luogo, il
suono scuro ed arrotondato prodotto dal soffio sul bordo della “Jug” (uno
strumento artigianale tipico della Jug Band Music dei decenni 1920-’30-‘40,
nella quale sostituiva il contrabbasso o la tuba).
In secondo luogo,
troviamo la grancassa percossa da Densmore insieme a brevi interventi decorativi
sul tamburo rullante.
In fine, la
piccola tastiera che imita le frequenze del basso elettrico, chiamata Fender
Rhodes piano bass, la quale è suonata con la mano sinistra da Manzarek con un
risultato analogo a quello ottenuto quasi tre anni prima in “Alabama Song”.
Questo incedere
marcato, evocatore del dondolio di un vascello tra le
onde o di quello dei boccali di birra che seguono la melodia disegnata dal
canto, è adornato dai brillanti e coloriti intrecci acustici messi in scena da
chitarra e mandolino.
A decorare il
brano troviamo per di più una insolita tipologia di tastiera elettrificata: il
mellotron (introdotto nell’ambito del pop-rock psichedelico a cavallo tra il
1966 e il ’67 e, nel 1969, comune anche nel progressive rock).
Le evoluzioni
liquide ed eteree di questo strumento risultano a dir poco affascinanti: un
tema dall’atmosfera mestamente ricercata ed elegantemente pensosa, simile ai
semplici motivi sprigionati con calcolata allegria dagli organetti da fiera ottocenteschi.
La musica appena
descritta è incastonata dalla classica struttura di questo tipo di canti tradizionali:
ad una chiamata (le parole recitate con malinconica austerità da Morrison) corrisponde
una risposta (il “ta-da-daaa” intonato sia da Morrison che da altri
partecipanti alla session).
Una seconda
versione di “Whiskey, Mystics And Men” (qui il link), anch’essa risalente
al febbraio ’69, si differenzia per il walzer irregolare tenuto dalla batteria,
per un diverso approccio vocale e per l’arrangiamento più incisivo ed
essenziale (batteria, Organo Hammond C3, Mellotron, basso elettrico e voce).
In particolare, è
il basso elettrico, suonato dall’ottimo sessionman Harvey Brooks, a dominare la
canzone con le sue note gravi, pervasive e robuste, dai contorni allo stesso
tempo ruvidi e sfumati.
L’intonazione di
Morrison si fa aggressiva, a tratti rabbiosa, carica di una graffiante
determinazione e di una impetuosa urgenza.
Un assolo
vagamente colorato di blues ad opera di Krieger, la cui idea di apertura verrà
riproposta in “Land Ho” nel corso delle registrazioni dell’LP “Morrison Hotel”,
completa questa trasposizione del poema iniziale maggiormente votata al rock.
Non avendo
trovato posto tra le tracce di “The Soft Parade” e nemmeno tra quelle
dell’album successivo (“Morrison Hotel”, pubblicato nel febbraio 1970), “Whiskey,
Mystics And Men” venne in fine riportata dal suo autore nell’alveo dell’arte
prettamente poetica: l’8 dicembre 1970, Morrison registrerà in studio una nuova
serie di poesie, tra le quali compare anche questa composizione.
Una epilogo che incontra, con circolare sarcasmo, il punto di partenza artistico dal quale questi versi hanno avuto origine nel febbraio 1969 e che non rende giustizia ad un brano sottovalutato, assolutamente meritevole ed estremamente significativo dal punto di vista storico-musicale.
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